Quando vado ad un concerto non ho interesse a riascoltare sempre il solito repertorio ma voglio vivere unavventura. Voglio che la mia persona venga messa alla prova con qualcosa di nuovo”.

Le parole del compositore tedesco Helmut Lachenmann riecheggiano in modo familiare per Cosimo Carovani, il violoncellista del quartetto d’archi Indaco che di avventure nella vita e nella musica ne ha vissute, rinunciando spesso alle zone di comfort e confrontarsi con l’ignoto. La libertà di scegliere e la scoperta del nuovo hanno un “gusto” troppo affascinante per essere ignorate.  

Entro da subito nel vivo della sua storia da cui sono molto attratta, forse perché io stessa avrei voluto avere il coraggio di inseguire quel moto interiore, che a volte senti chiaramente altre meno, e dargli voce. 

Intraprendenza e libertà

Appena ventenne, senza dire niente a nessuno, un giorno prende un treno notturno dalla Toscana per Hannover, dove rimane per i sei anni successivi. È la prima volta che Cosimo mette piede fuori dall’Italia, lui e il suo migliore amico, il violoncello, raggiungono la città tedesca alle 4:30 di notte e, con una mappa comprata appena arrivato, comincia a tracciare il cammino della sua vita per la “Musica”. 

Cosimo infatti aveva vinto un’adizione per studiare violoncello e avrebbe affrontato le lezioni in una lingua ostica che non conosceva. Provo profonda ammirazione per la scelta, forse della sua vita, di Cosimo; quando scegli il tuo destino le cose accadono, se invece non ti ascolti rischi di vagare senza meta e tormentarti per la sensazione di “vuoto” e di “mancanza” che provi quando non segui la tua “missione d’anima”. 

Arthur Schopenhauer affermava che il destino può mutare mentre la nostra natura non lo farà mai.  Cosimo ha seguito la sua natura, la sua missione d’anima e ha scelto il suo destino. Figlio di una insegnante e di un contadino, si avvicina alla musica per puro caso, per un’esigenza famigliare. Quando la madre è impegnata per gli esami, già alla tenera età di sei anni nel periodo estivo, frequenta la scuola di musica di Fiesole suonando vari strumenti diverse ore durante il giorno. “Ho scelto di suonare il violoncello perché si suona da seduti, ero già stanco”, con una battuta motiva la scelta dello strumento, che da quando aveva otto anni ha cominciato a suonare in un quartetto della scuola. 

È considerato l’intellettuale del quartetto, per lui la musica è vita, lo studio non conosce tregua, “il violoncellista è un tipo di tartarughina con dietro lo strumento, senza si sente vulnerabile, nudo.”

Mi spiega che quella del quartetto è tra le formazioni da camera più complesse in quanto presenta la problematica dell’intonazione variabile. Lo studio, più che sull’interpretazione, sulla quale il gruppo dovrà comunque concentrarsi, punta sulla creazione di un suono che in qualche modo rappresenti il quartetto, la sua visione, la sua cifra espressiva. Ogni componente del quartetto ha una sua identità, un suo percorso di vita e di studio che porta in scena, la difficoltà dunque risiede nel trovare un linguaggio e un terreno comune, aspetto non affatto semplice e scontato. Nonostante il quartetto Indaco non sia oggi quello delle origini, fondato 7 anni fa, c’è una grande intesa e sintonia. Si dice infatti che il quartetto sia un matrimonio a quattro e il loro sembra vivere un periodo florido.

Avalon è un progetto musicale a cui hanno lavorato dallo scorso gennaio fino a maggio. È disponibile su tutte le piattaforme digitali. 

“Un concept album composto da arrangiamenti originali di musiche del folklore nordico ed italiano, e da brani scritti appositamente per trascinare l’ascoltatore in un mondo magico, antico, fumoso colmo di leggende e di suoni dimenticati. Un viaggio atipico, un album ed un progetto unici nel suo genere.”

Per Cosimo la musica è un’arte che esiste nel momento in cui viene creata, è la massima espressione del qui e ora, rispetto ad altre arti necessita di fiducia da parte del pubblico che viene ad assistere ad una esibizione in essere, proposta in quel preciso istante. La condivisione del loro viaggio di vita e artistico, delle loro fatiche da parte del pubblico è per lui fonte di profonda emozione, quello che le parole non riescono ad esprimere lo fa l’arte.

Vuole concedersi ancora tante avventure, ispirarsi a nuovi orizzonti e far scorrere attraverso il suono delle corde del violoncello la sua voce in continuo divenire: “l’artista se fosse risolto vivrebbe nel silenzio.”

A quanto pare è un cuoco strepitoso, chissà se Cosimo avrà conquistato il cuore di qualcuno anche con le sue abilità culinarie. Qui puoi leggere la prima parte della storia del Quartetto Indaco.

Il consiglio di Cosimo

“Umiltà e sincerità. Lo strumento ci obbliga ad essere umili. Ci hanno trasmesso l’idea che la musica è una realtà molto conservatrice, invece dobbiamo essere onnivori e non attaccarci alle definizioni. All’età di 75 anni, il violoncellista e compositore Pablo Casals alla domanda del perché continuasse a studiare rispose di pensare che stava cominciando a fare progressi.
L’approccio sincero, anche alle tue debolezze, è necessario per affrontare un percorso di conoscenza per trovare sé stessi e sé stessi in confronto con la musica e con gli altri. Se crei qualcosa di artefatto, lo noti subito e ciò non ti renderà felice.”

© Galleria: Ernesto Casareto e Paolo Andreoli