Inviato a Palermo da Ferdinando II nel 1845 allo scopo di assassinare Giuseppe Garibaldi, il brigante Giosafatte Talarico fu conquistato dalla personalità del condottiero e così fallì la missione assegnatagli evitando la sua morte.

Una figura particolare quella del brigante Giosafatte Talarico di Panettieri, il paese del catanzarese più piccolo della Calabria con soli 315 abitanti e antenato della giornalista Rosaria Talarico, una donna e professionista intraprendente che al suo attivo può vantare 25 anni di lavoro vissuto con serietà e passione nel settore del giornalismo e della comunicazione.

Vi chiederete perché parlare dell’avo di Rosaria: quando era piccola, la sorte la lega a un luogo speciale, successivamente l’amore per la terra e per il padre che ormai non c’è più da molti anni la trascina in un’avventura dalla passione brigantesca. Infatti, quando aveva cinque anni è lei che estrae dal notaio il bigliettino che assegnerà alla sua famiglia la proprietà della fattoria brigantesca a Panettieri, nella valle del Fiego, nel cuore della Sila a mille metri dal mare, a cavallo tra la provincia di Catanzaro e di Cosenza, in una zona selvaggia con boschi, animali e un piccolo lago a pochi chilometri.

“Più che il business plan mi ha guidato il cuore, mio padre è morto più di 20 anni fa, lui teneva moltissimo a questo terreno che di fatto ormai era abbandonato a sé stesso. Io e i miei fratelli ci siamo occupati di altro nella vita, abbiamo preso altre strade, ma grazie a un bando del PSR che ho vinto nel 2019 adesso posso prendermene cura.” 

Il progetto prevede la riconversione della vecchia stalla/fenile costruita dal nonno Ercole in “salumificio rurale artigiano”, in particolare per la produzione di carne di maiale nero, ma anche di altri prodotti tipici calabresi. 

Da piccola la zia Anna la chiamava “principessa del Fiego”, in realtà crescendo Rosaria si è resa conto che probabilmente in lei scorre un po’ del sangue del suo antenato brigante.

“Il nonno Ercole era contadino, il papà Giovanni perito agrario. Da lui ha imparato l’infinita poesia e la durezza della vita agricola. Quando era piccola ha “cavato” le patate, fatto innumerevoli vendemmie, è stata in stalle, porcilaie e caseifici. I contadini sono tutti un po’ filosofi, comprendono il canto degli uccelli, la struggente malinconia delle albe e dei tramonti, salutano chiunque incontrino perché è così che funziona la vita lontano dalla diffidenza metropolitana.” (tratto dal sito web della fattoria)

“Papà guarda quanto è lungo il filare, non finiremo più di tagliare i grappoli. Non lo guardare che si allunga, guarda invece il grappolo d’uva.”  Una lezione di vita di un filosofo della terra sul qui e ora: i grandi passi si ottengono con i piccoli passi e la concentrazione. 

Rosaria crede fermamente che qualsiasi lavoro debba essere svolto con serietà, formazione ed esperienza, così studia per diventare imprenditore agricolo professionale (IAP) e comincia a lavorare al progetto della fattoria: “non basta un tutorial per sapere le cose. Appartengo a un modo di pensare che va in profondità, servono i libri, serve l’esperienza, la fatica dell’apprendimento vero e non superficiale, le informazioni oltre che reperirle vanno digerite, elaborate, soppesate, messe a confronto.”

Il temperamento da brigante lo troviamo in ogni ambito della vita di Rosaria e naturalmente nelle sue grandi passioni, quello per la scrittura e per i viaggi. Per realizzare ciò in cui si crede è sicura che le spinte del cuore debbano essere accompagnate dall’autodisciplina e dalla determinazione.

Chi avrà voluto intervistare?

Per Rosaria l’amore per le parole cominciano già all’età di 8 anni e intorno ai 19 la sua attività quotidiana, mi racconta con un gran sorriso, era un’attività a dir poco singolare, lo stalking ai direttori di giornali, voleva a tutti i costi sapere cosa fare per diventare giornalista. 

Nonostante i consigli disfattisti ricevuti non molla e riesce nel suo intento: ha scritto per 10 anni a La Stampa, per Il Mondo, Milano Finanza, Panorama Economy, Espresso, Il Fatto Quotidiano e Corriere della Comunicazione.

Dico sempre che i sogni non devono rimanere nel cassetto, l’episodio che mi racconta Rosaria è di grande ispirazione per la loro realizzazione. 

“Zucconi nella sua di analisi aveva sottovalutato una sola cosa: la testardaggine di una calabrese “espatriata” e la sua invincibile determinazione a inseguire i propri sogni.”

Scarica l’originale corrispondenza con l’allora direttore di Repubblica.it, Vittorio Zucconi e prova a cogliere il suo valore.

Con i viaggi si apre un altro capitolo interessante. Per Rosaria viaggiare non è spuntare su una mappa un paese visitato e mettere una bandierina, ma è l’incontro con l’altro, scoprire e vivere l’anima del luogo, rispettare la cultura e le persone anche con un semplice sorriso, e mentre mi racconta tutto questo affrontiamo il tema del sincretismo tra le culture.

“Viaggiando superi i pregiudizi, la visione della diversità nel senso del pericolo, è arricchimento e non una minaccia delle mie radici calabresi, montanare che resistono anche se ho viaggiato in tutto il mondo, mangio cibi diversi, entro in una moschea o prego in un tempio indù.” 

Viaggiare è per lei una forma di bulimia, ha visitato circa 50 paesi e nonostante questo nel mondo incontra anche la sua terra, la Calabria. Ciò che è altro si trova anche nella familiarità dei luoghi e delle persone.

“Quando mi trovavo in Finlandia mi rendevo conto che i paesaggi, i colori, gli spazi incontaminati e sconfinati, la neve d’inverno e i grandi specchi d’acqua d’estate mi ricordavano le aree montane della Calabria. Sono molto legata alla mia terra e alle sue bellezze.

“Fu un viaggio splendido l’attraversare quegli altipiani, con la vista dello Ionio dall’alto e il panorama dell’ampia vallata del Crati e dell’alta catena del Pollino, avvolta nella bruma del primo autunno, poggiando lo sguardo sui fianchi delle colline coperti di olivi. La strada gira intorno ai precipizi, dove scendono dal monte i ruscelli; sono ricoperti di querce da sughero, lecci e altra vegetazione; tra i rami volano rigogoli, ghiandaie, upupe e coracie garrule. Nell’inverno i gelidi venti dell’Appennino spazzano questi monti, ma in questa stagione è una zona stupenda”.

Vecchia Calabria di Norman Douglas

I contrasti

Quando Rosaria mi racconta di essere Ufficiale della Riserva Selezionata dell’Esercito, da quest’anno capitano, rimango affascinata e incuriosita. Come può una donna che mi dice di non amare le imposizioni, la formalità fine a sè stessa lavorare in un ambiente militare? Qui comincia il meraviglioso mondo dei contrasti a me tanto familiari.

“Sono una convivenza di contrasti, di mondi e cose diversi. Anche nelle persone che ho incontrato spesso convivevano anime differenti e ho imparato a non giudicarle. Le spinte contrastanti, utili dal punto di vista narrativo e della crescita personale, ti aiutano a superare le barriere. Nell’esercito mi interessa il racconto umano, psicologico, la motivazione, le prove a cui si sottopongono i militari che partecipano a corsi difficili e a esperienze forti.  In parte rifiutandola e combattendola, ho imparato ad accettare la formalità che a volte nasconde significati a prima vista incomprensibili”

In realtà Rosaria ci prova in tutti i modi ad adattarsi alla formalità militare, ma non sempre ci riesce. Immaginate un militare che alza la mano per battere il cinque a un Ordinario Militare. Quel militare era il nostro brigante 🙂 

Il consiglio di Rosaria!

Per realizzare e connetterti con il tuo sogno devi ascoltare il cuore, la razionalità in un primo momento serve a poco. Il cuore però senza l’approfondimento, lo studio, l’autodisciplina può diventare una cosa velleitaria. Il cuore ti dà la direzione, la testa è lo strumento per arrivare dove ti eri prefisso. Mescolare queste due cose e trovare la propria personale ricetta per fare funzionare cuore e cervello è quello che ti permette di raggiungere i risultati desiderati, nonostante sofferenze, delusioni che di certo non mancano nella vita di chiunque.  

© Prima galleria: Mario Greco